Informazioni sul mondo di neonati e bambini

La quercia come simbolo della famiglia

giovedì 18 ottobre 2018

Primo mese di vita: cosa succede e come aiutare lo sviluppo psicomotorio

Quando arriva un piccolino nella vita di una coppia, spesso è un momento magico: la novità, le visite delle persone care, è tutta una gioia. A volte può succedere che questo momento venga un po' offuscato quando la mamma rimane sola con il neonato poiché dopo averlo cambiato, nutrito e lavato arriva l'inevitabile domanda: e adesso? Che ci faccio?


Prima di rispondere alla domanda bisogna comprendere il neonato, il suo comportamento, cosa gradisce e cosa non gradisce. Anche nel primo mese di vita lui ha delle preferenze e possiamo accorgerci di questo osservandolo quando sta per conto suo e osservare la sua reazione ai diversi stimoli che si presentano o che gli presentate voi.

I bisogni del primo mese di vita sono sia i bisogni primari, cioè quelli inerenti la sopravvivenza, quindi mangiare, dormire ed essere coccolati. Ci sono poi delle cose che se proposte aiutano e facilitano lo sviluppo psicomotorio del neonato.

I neonati nel primo mese di vita stanno vivendo un passaggio importantissimo, quello che dalla pancia e dal nuotare nel liquido amniotico li fa arrivare in un posto con rumori, suoni, odori e la gravità. Ebbene si, c'è la scoperta della gravità che nella pancia il feto non sente. Ed il bambino dovrà imparare a relazionarsi ad essa, con movimenti, tono, posture... e chi si prende cura di lui può aiutarlo a trovare vie semplici per raggiungere un buon equilibrio psicomotorio, armonizzando le aree dello sviluppo.


Vi invito quindi a visionare il video in modo da scoprire alcune cose che possono aiutarlo nel suo primo mese di vita.



lunedì 1 ottobre 2018

I 7 motivi per cui un neonato piange

Il neonato piange per diversi motivi. 

Due dei motivi principali per cui il neonato piange sono facilmente riconoscibili, poiché sono il pianto per fame ed il pianto per sonno. 

Ma il neonato può piangere per tanti motivi diversi che a volte non vengono neanche in mente. E cosa succede? Che se non teniamo presente questi motivi, la tendenza sarà sempre quella di dare il latte al bambino ogni volta che piange, pensando erroneamente che ha fame!!


Vi suggerisco quindi di visionare il brevissimo video che ho fatto per scoprire quali sono gli altri motivi per cui il neonato può piangere.
Se volete potete commentare il video direttamente su YouTube e dire la vostra opinione oppure tornare sul blog e farlo qui.


Ecco il video

martedì 21 agosto 2018

Gioco poco usato ma molto utile: l'incastro di legno

A queste semplici tavolette vengono spesso preferiti gioco ad incastri più complicati, come le costruzioni di legno o di plastica ad incastro, dove il bambino deve costruire qualcosa.

Probabilmente il fatto che debba costruire influenza l'adulto sulla scelta dell'uno piuttosto che dell'altro. 

Del resto costruire vuol dire immaginare e creare e cosa c'è di meglio di un giocattolo che stimoli la fantasia e la creatività?

Questo è vero, ma vale quando il bambino è più grande (se non ha capacità particolari), altrimenti finisce che con le costruzioni ad incastro ci gioca il papà! 😉

Un bambino di due anni invece potrebbe avere curiosità per i puzzle ad incastro di legno (non so se è il loro nome). Ce ne sono di tutti i tipi: con le immagini sotto al pezzo da incastrare, con pochi incastri, tre o quattro) per i più piccoli, con il pezzo da incastrare diviso in due per i più grandi. Inoltre le tavolette sono a tema: frutta, animali, la fattoria, la città, mezzi di trasporto eccetera, cosa che ci invita ad inventare una storia insieme al bambino.

Ma quali sono i benefici nel giocare con questo tipo di incastro?

  • Allenamento della coordinazione occhio-mano
  • Aumento delle capacità di movimento fine-motorio
  • Riconoscimento delle forme 
  • Imparare la corrispondenza (associazione) del pezzo da incastrare con la forma in cui incastrare
  • Allenamento dell'orientamento spaziale
  • Allenamento della coordinazione occhio-mano
  • Imparare a gestire l'impulsività
  • Sviluppo dell'attenzione
  • Sviluppo della creatività 
E a cosa serve allenare tutte queste cose?
  • Imparare a giocare da soli
  • Stare seduti per più tempo
  • Sviluppo dell'attenzione e della concentrazione
  • Creare le basi per una buona lettura
  • Creare le basi per giochi di incastri più complicati e per lo sviluppo del pensiero logico
  • Apprendimento delle associazioni e delle categorie
Un'ultima cosa importante
Essendo un gioco poco usato e diverso dai classici giochi con cui i bambini vengono a contatto, all'inizio è necessario che il genitori insegni al bambino come giocare con questo nuovo materiale, magari inserendo insieme i pezzi ed inventando una bella storia!!


lunedì 16 luglio 2018

Bambino capriccioso? Qualche consiglio sulla prevenzione del capriccio

Molti genitori vengono a chiedermi cosa fare per gestire il capriccio del loro bambino.


Ci sono diversi modi per gestire il capriccio, ma oggi volevo provare a parlare di ciò che si può fare PRIMA che il capriccio si verifichi.


Molti bambini sono capricciosi. Ma, in fondo, da cosa dipende il capriccio? A parte ad ottenere delle cose. 

Il capriccio è una reazione che si è strutturata nel tempo a degli stimoli e che non permette al bambino di sostenere e sopportare una minima frustrazione.


E cos’è una “minima frustrazione”? E’ quando il bambino di fronte a qualsiasi tipo di rifiuto, anche banale, fa i capricci per ottenere ciò che gli è stato rifiutato. In pratica non riesce proprio a sopporta un "no", un diniego.

E’ importante tener presente che la reazione capricciosa è un comportamento appreso. Ha capito che dopo il capriccio ottiene delle cose. Non c’è nato, capriccioso.



Fin da quando è neonato capisce che ottiene delle cose facendone altre. 

Infatti il neonato piange per comunicare, non solo quando ha fame ma anche per noia, per le coccole, per il sonno. Già a questa età riesce a capire cosa ottiene con i diversi tipi di pianto. Impara quindi ad ottenere quello che vuole in seguito ad una comunicazione che inizialmente avviene tramite il pianto.

Diventando più grande, e con la presenza di una dinamica "appena piango ottengo tutto", il pianto lascia il posto al capriccio o al tono "lagnoso".

Se la cosa si struttura non solo abbiamo di fronte un bambino capriccioso e lagnoso, ma anche e soprattutto un bambino che non sa gestire la frustrazione. 

Questo bambino sarà un adulto che soffrirà più di altri di fronte alle difficoltà che la vita gli porrà davanti poiché non basterà più “fare i capricci o essere lagnosi” per ottenere delle cose.


Cosa possiamo fare? Cominciamo dal principio.


I colpevoli sono i “messaggi ambigui”, cioè quei messaggi che inconsapevolmente vengono mandati al bambino.

Il messaggio ambiguo è un messaggio che ha due significati, uno palese l’altro, opposto, nascosto o non subito percepibile nel momento in cui si agisce. Quindi arrivano in contemporanea, o quasi, due messaggi differenti e discordanti.

Facciamo qualche esempio:
  • il bambino fa una marachella e viene sgridato dalla mamma. Il bimbo si offende talmente tanto che si mette a piangere. La mamma lo coccola non resistendo alla tenerezza insorta. Cosa è successo? 
Che inconsapevolmente la mamma ha mandato al figlio un messaggio ambiguo. Il bambino può infatti pensare che visto che è stato coccolato, la mamma si è pentita oppure che si era sbagliata e non riuscirà a correggere il comportamento iniziale per cui è stato ripreso.

Tra l’altro, magari non ha ottenuto quello che voleva, ma ha ottenuto delle coccole che sono comunque qualcosa di bello. Ed il bambino è veramente confuso.
  • Papà e figlia passano davanti ad una gelateria. La bambina chiede un gelato, ma è quasi ora di pranzo e non è il caso. La bambina comincia a “frignare”, ad un cento punto il papà esausto le dice “se smetti di frignare ti prendo il gelato”. Cosa ha imparato la bambina?
Che se fa i capricci ottiene quello che vuole perché la frase “se smetti di …..”. I bambini la dimenticano subito e ricordano solo i comportamenti espressi: capricci=papà si stanca=ottengo ciò che voglio. Un "no" si è tramutato in "si".
  • Oppure può accadere che si sgrida il bambino, ma in realtà dentro di sé proprio non si voleva, ci si pente subito, ma ormai la sgridata è partita e non si può tornare indietro. Il fatto, in questo caso, è che il corpo in qualche modo sfuggendo al controllo, tradirà le parole. Il messaggio non verbale arriva al bambino che saprà che esiste un punto debole su cui puntare. Ed il messaggio che gli arriva è nuovamente un messaggio ambiguo.

Questi esempi accadono in tutte le famiglie, questo non vuol dire che tutti i bambini a cui succede questo diventano capricciosi, ma un insieme di variabili come il carattere del genitore, il carattere del bambino e esempi di questo genere ripetuti spesso nel tempo, possono generare un bambino capriccioso e con grosse difficoltà a gestire la frustrazione.

Come si può fare quindi??
  • Diventarne consapevoli è sempre il primo passo per poter modificare.
  • Prevenire. Conoscete vostro figlio, sapete cosa potrà accadere, parlategli prima dicendogli che comportandosi bene a fine giornata avrà un regalino. Questo, se il bambino è piccolo, bisogna che sia concreto, le parole le dimenticano. Una foto del regalino che otterrà potrebbe essere utile.
  • Fare dei compromessi PRIMA che vostro figlio faccia i capricci, quindi sempre in un’ottica preventiva. Ad esempio se volete che vostro figlio non faccia più le storie prima di fare il bagnetto. Comincerete dalla mattina “stasera facciamo il bagnetto, lo sai che si deve fare. Facciamo così, sono sicura che andrà bene e che avrai un premio”.
  • I “no” detti devono rimanere dei "no" e non modificarsi nel tempo in dei “si” o peggio ancora in dei “ni”, il famoso “poi vediamo...” che i bambini comprendono veramente poco. In realtà anche gli adulti!!!


In conclusione, consiglio è di cercare di prevenire il capriccio al fine di educare il bambino a gestire la frustrazione per qualcosa che deve imparare a fare anche se è percepita come faticosa, brutta, noiosa e via dicendo.

Se volete vedere il video di questo articolo CLICCATE QUI.

domenica 13 maggio 2018

Cosa si può fare quando un bambino è impulsivo

Bambina sgridata dalla mamma
Fin da quando una donna o un uomo decidono di avere un figlio, iniziano a pensarsi come genitori, e quindi come educatori. Ciò è importante poiché non è un mestiere semplice, anzi, come il vecchio S. Freud dice, è il mestiere più difficile che esiste.

L'educazione comprende anche l'insegnamento delle varie regole di comportamento da avere in varie situazioni. Saper relazionarsi con una regola è importante.

Che succede quando un genitore, o educatore, si trova di fronte ad un bambino dinamico, vivace, che non riesce a stare attento per molto tempo perché il suo corpo grida al movimento? Come fare se abbiamo di fronte un bambino che non pensa prima di agire? Come fare quando il bambino è disattento, disordinato, non sta mai fermo sulla sedia ed e impossibile studiare?

STRATEGIE EFFICACI

- I genitori sono quelli che decidono. Se vi accorgete che nella vostra famiglia accade il contrario, c'è qualcosa che non va. Vi faccio un esempio che può sembrare banale: se una madre prima di preparare il pranzo o la cena chiede sempre a suo figlio "cosa vuoi per cena?", i ruoli molto probabilmente sono invertiti. Il figlio dovrebbe arrivare a tavola e mangiare quello che c'è. Il rispetto del ruolo genitoriale, e quindi di chi educa parte anche da questioni di cibo.

- I genitori devono andare d'accordo. Ovviamente è impossibile non discutere o litigare, fa parte dei giochi. Ma sull'educazione dei figli e sulle decisioni da prendere a riguardo si deve viaggiare sullo stesso binario. Se non si è d'accordo, non è necessario rispondere subito ad un quesito di vostro figlio, basta dirgli la verità "Ne parlo con tuo padre e prenderemo una decisione".

- Imporre UNA regola fondamentale. Partire da due o più regole sarebbe fallimentare. I genitori di un bambino vivace, devono scegliere una prima regola, importante si, ma che sia fattibile da rispettare sia da parte dei genitori che da parte del bambino. 

- Giocate con vostro figlio. E quando lo fate, la REGOLA FONDAMENTALE è che si finisce (e si mette a posto) un gioco prima di cominciarne un altro. 


Provate queste strategie per qualche mese prima di far etichettare vostro figlio come un iperattivo (ADHD) o come uno "scansafatiche" o peggio come un oppositivo-provocatorio (DOP) e magari imbottirlo di farmaci con effetti collaterali importanti già da così piccolo!

E se proprio non riuscite, sappiate che esistono numerosi studi che provano la validità di interventi cognitivo-comportamentali o relazionali e come questi siano meno immediati ma più efficaci degli interventi farmacologici.


martedì 1 maggio 2018

Vado a trovare un neonato: le 10 regole da rispettare

Quando si va a trovare un neonato, o ci si prepara al suo arrivo, è importa rispettare alcune regole di base che trovate anche nell'immagine e di cui spiegheremo i motivi di seguito.



  1. Lavarsi le mani prima di toccare un neonato. Le mani sono un ricettacolo di batteri perché tocchiamo tutto, magari i soldi, un animale o piuttosto ci si è coperti il naso per uno starnuto. 
  2. Non prendere in braccio il neonato se si indossano giacche o cappotti. Questi indumenti non vengono lavati spesso e non solo ci coprono dal freddo, ma anche dal contatto con altre persone, cose e animali; soprattutto se utilizziamo i mezzi pubblici. Non perché persone, cose e animali con cui veniamo a contatto sono contagiose a prescindere, ma perché tutti possiamo essere portatori di qualcosa che potrebbe far male al neonato.
  3. Mai baciare viso e mani del neonato se non si è la mamma od il papà. In generale non dovrebbero farlo neanche loro, soprattutto se raffreddati o se vengono da fori casa. Ma è ovvio che è una cosa quasi impossibile da chiedere ai genitori. Anche se siete i genitori, fatelo con prudenza. La bocca è portatrice di molte infezioni e se, ad esempio, abbiamo un herpes non ancora evidente ne siamo comunque portatori e ciò è nocivo per il pupo. Lo stesso per mal di gola, raffreddori vari ecc. ecc.
  4. Non mettere il profumo. può dare fastidio sia alla neomamma che al neonato. Inoltre tutti i profumi contengono delle tossine che se inalate si vanno ad aggiungere e sommare ad un'aria già di per sé inquinata.
  5. Non fumare vicino al neonato. In realtà non basta. Alcune ricerche hanno trovato un'alta correlazione tra familiari fumatori e la "morte in culla". Non significa che il fumo possa esserne la causa diretta, ma la correlazione c'è e questo ci dice che dobbiamo tare attenti. Sarebbe meglio che il fumatore aspettasse circa 30 minuti prima di riavvicinarsi al neonato ed essersi lavato le mani e viso (soprattutto se ha barba e/o baffi).
  6. Non stressate la neomamma con discorsi su allattamento, sonno eccetera a meno che non sia lei a proporre questi argomenti. Sarà lei a scoprire come fare la mamma e ha trovare un equilibrio con il suo speciale bambino.
  7. Non dare mai consigli alle neomamma se non richiesti. In pratica come sopra!
  8. Mai prendere in braccio il neonato senza chiedere il permesso. E' vero che è una cosa spontanea e bella, ma bisogna tener presente vari fattori: non sappiamo se al neonato piace andare in braccio a persone che non siano i suoi genitori, la mamma potrebbe non gradire, soprattutto se sono i primi giorni di vita del bimbo, magari sta dormendo e lo si potrebbe svegliare....
  9. Non disturbare un neonato che dorme. Il detto "il sonno del neonato è d'oro" ha delle radici neurobiologiche. Infatti il cervello è l'unico organo che continua a crescere dopo la nascita. Soprattutto nel primo anno di vita, durante il sonno, i neuroni continuano ad essere mielinizzati, cioè ricoperti di una sostanza che permette la trasmissione di informazioni tra neuroni. Cosa che non avviene da svegli.
  10. Scaglionare le visite. Mamma e bambino necessitano di tranquillità. E' importante chiamare e sapere se la nostra visita quel giorno è gradita o se si accavalla ad altre visite. Inoltre sarebbe opportuno non andare presso il domicilio, durante il primo mese e mezzo di vita del bambino poiché il più delicato. Mese in cui madre e bambino imparano a conoscersi e in cui i genitori devono trovare un nuovo equilibrio di coppia. 

mercoledì 7 marzo 2018

Cos'ha mio figlio? Individuare precocemente alcune forme di autismo

Quasi tutti i genitori che hanno un figlio autistico, riportano che avevano fin dall’inizio “la sensazione che qualcosa non andasse bene”. Fino poi ad arrivare all’età di 4, 5 a volte anche 7 anni del bambino e di ricevere una diagnosi che rientra nello spettro autistico, dopo aver girato e rimbalzato tra ospedali, studi medici vari, e siti internet.

Ormai si parla di “spettro autistico” proprio perché le forme di espressione dell’autismo sono molto eterogenee tra loro, e non sempre gli specialisti riescono ad arrivare velocemente ad una diagnosi certa, soprattutto se il bambino è ancora troppo piccolo. In Italia poi si soffre ancora molto di modalità diagnostiche ed etichette diagnostiche ormai superate che, invece di aiutare, confondono ulteriormente i genitori.

Da diversi anni ormai vengo a conoscenza di genitori che riportano alcune osservazioni sul proprio figlio che sfuggono in qualche modo ad una diagnosi precoce (fondamentale per un intervento efficace) ma che sono predittivi di forme di autismo, diagnosticate più tardi nell’età. A seguire alcuni dei comportamenti osservati dai genitori. Tali comportamenti possono essere presenti tutti o una parte di essi:

  •  Ritardo o anomalie nello sviluppo motorio. Ad esempio, il bambino comincia a camminare in ritardo di più di sei mesi dall’età adatta (intorno ai 12 mesi), oppure cammina con un equilibrio precario anche a 24 mesi, oppure camminando sbatte spesso, è goffo. Cammina sulle punnte.
  • Anomalie e ritardo nello sviluppo del linguaggio. Ad esempio, comincia a parlare precocemente senza commettere errori di pronuncia (tipici dei bambini) e usando un vocabolario forbito, oppure intorno ai tre anni non si è ancora sviluppato il linguaggio che risulta assente o molto povero di vocaboli.
  • Altre anomalie nel linguaggio. Ad esempio, parla in terza o seconda persona invece che in prima, ripete le domande a lui poste piuttosto che rispondere, parla per frasi fatte sentite da adulti o genitori, ripetere di continuo la stessa parola o la stessa frase.
  • Problemi di comportamento a scuola. Ad esempio, risulta essere molto timido, non gioca con i compagnetti, tende a stare con le insegnanti e ad imitarle.
  • Anomalie nel gioco solitario. Ad esempio, non gioca con i consueti giochi da bambino prediligendo giocare con oggetti tipo mollette, pentole, elettrodomestici, può mettere in fila oggetti (facendo file infinite). Collezionare in modo ossessivo oggetti (come dinosauri, macchinine, penne). Potrebbe avere la passione per gli atlanti, il meteo.
  • Anomali negli apprendimenti. Ad esempio, potrebbe già a due anni aver imparato a leggere da solo i numeri e/o le lettere, o anche parole intere.
  • Anomalie nel tipo di memoria. Ad esempio, potrebbe ricordarsi a memoria tutte le strade e, in maniera ossessiva vuole che si percorra sempre la stessa strada per andare nello stesso posto.
  • Anomalie nel comportamento. Ad esempio, potrebbe avere degli scatti di ira molto violenti e che durano molto e che a volte sembrano inspiegabili, potrebbe fiutarsi di entrare in un negozio specifico senza motivo apparente, potrebbe essere attirato o, al contrario, aver paura di alcuni tipi di rumore (frullatore, aspirapolvere, camion della spazzatura), potrebbe essere attirato da alcuni odori, avere invece delle restrizioni alimentari molto severe, potrebbero dargli fastidio in modo eccessivo alcune luci.


Nel caso in cui il bambino abbia presente nei suoi comportamenti alcuni di quelli elencati qui sopra, sarebbe opportuno contattare uno specialista nel settore. E’ un passo duro, difficile, enorme… ma la diagnosi precoce è davvero uno dei fattori più importanti per uno sviluppo più armonioso possibile del bambino.

martedì 27 febbraio 2018

Schema dello sviluppo emotivo-relazionale da 0 a 48 Mesi


Premessa
Lo sviluppo emotivo-relazionale non avviene nel bambino da solo, come non è il genitore da solo che permette l'innesco di tale sviluppo. Lo sviluppo emotivo-relazionale per definizione nasce e cresce all'interno della relazione.
Quindi, le "tappe" evolutive descritte sono sempre da intendere come inserite in una relazione tra il bambino e chi si occupa di lui.
Questo significa che quello che accade in una relazione genitore-bambino dipende sia da come il genitore si relaziona al bambino sia da come il bambino si relaziona al genitore.

Nel caso in cui non sia presente un comportamento descritto, esso potrebbe apparire successivamente, oppure, la coppia caregiver-bambino necessita di una facilitazione che permetta una sintonizzazione affettiva capace di modificare il tipo di relazione.

Inoltre, le tappe qui descritte partono dalla nascita in poi, ma in realtà la relazione madre-bambino inizia molto presto: si può dire che inizia dall'innesto della morula nella parete uterina.

3 Mesi

Immagine presa da http://aayiba.blogspot.it
Dalla nascita fino intorno ai tre mesi il bambino cerca di regolarizzare ed organizzare tutte le sensazioni che gli arrivano dall'interno e dall'esterno del suo corpo (ambiente e persone). Mostra interesse verso le cose che lo circondano, ad esempio riuscendo a girarsi verso una fonte sonora, o agendo su oggetti e avvenimenti esterni anche se ancora in modo "opaco".

5 Mesi

Il bambino comincia a sorridere al genitore, a guardare in modo più direttivo, produce dei suoni che comunicano chiaramente il piacere verso qualcosa, come l'essere buttato per aria o l'essere cullato e accarezzato. Si mostra felice di vedere le persone a lui familiari.

9 Mesi

Si sviluppa l'intenzione, il "voglio". Ad esempio il bambino comincia ad indicare ciò 
che desidera: magari allunga la mano verso l'oggetto oppure mostra qualcosa. 

E' l'età in cui allunga le braccine producendo dei suoni per essere preso in braccio. Inizia 
anche un accenno alla reciprocità comunicativa, nel senso che produce dei suoni quando ci si rivolge a lui. 

Da un sorriso nasce un altro sorriso, da un "gorgheggio" nasce un altro "gorgheggio" e che tutto questo fa parte di un dialogo.

14-18 Mesi

In questa fase il bambino comincia ad arricchire la modalità di interazione: porta il genitore verso ciò che vuole, guida la mano dell'adulto per farsi aprire una scatola, fino ad arrivare ad imitare gli adulti che gli stanno intorno, ad esempio cercando di imitare gli stessi suoni o gli stessi gesti che vede proposti.

https://www.harikabebek.com/24-ay/
24-30 Mesi

Ed ecco il passaggio da ciò che è più concreto alla scoperta delle idee e dei simboli. 

Il bambino fa esperienza che l'immagine di un oggetto può rappresentare l'oggetto stesso e un oggetto può "fare le veci" di un altro oggetto. 

Ed ecco comparire il gioco del "far finta", ad esempio prendendo una banana e facendo finta di telefonare. Il bambino inizia anche a dire le prime parole, fino ad utilizzare delle frasi semplici per esprimere i suoi desideri e bisogni. 

Riesce a condividere sentimenti come gioia, interesse, tristezza.

36-48 Mesi

E' l'epoca dei "cosa?" e dei "perché?" che vengono soddisfatti anche dalla nascita di una 
competenza emotiva più complessa. 

Il bambino comincia a creare delle connessioni tra ciò che accade e le emozioni. 

Le interazioni si fanno più complesse e sono fondate anche sul dare e sul ricevere. 

Arrivano ai 4 anni che sono in grado di spiegare il perché vogliono qualcosa e di scambiare una conversazione logica di almeno quattro battute.

Lo sviluppo emotivo-relazionale non si conclude certamente qui, continua per tutta la vita in un fluttuare di continue ondate di cambiamento.

lunedì 19 febbraio 2018

Perché alcuni bambini sono aggressivi?

L’essere aggressivi durante l’infanzia può avere motivazioni diverse. Alcune ricerche sottolineano, ad esempio, che l’aggressività di alcuni bambini è dovuta ad una mancanza di strumenti verbali. Sono quindi bambini che hanno avuto, o hanno, un ritardo nello sviluppo del linguaggio ed una povertà lessicale.

Cosa succede quindi? Che in una relazione tra bambini, chi ha un vocabolario più povero, ricorrerà più facilmente all'uso del corpo per comunicare. Viene da sé che se l’emozione da esprimere è la rabbia e/o la frustrazione, il corpo verrà usato come “arma” per colpire l’altro. Strumenti come morsi, calci, pugni, sono molto eloquenti e più facili da usare rispetto alle parole, dove c’è bisogno non solo di competenze linguistiche, ma anche di un buon autocontrollo.
Anche questi bambini vanno aiutati. Probabilmente il percorso sarà più lungo e necessita di intervenire anche su diversi contesti (come quello familiare), ma comunque possibile da percorrere.



I bambini che hanno questi comportamenti problema causati da una difficoltà verbale, vanno aiutati sia sul versante dello sviluppo del linguaggio che sulla gestione delle emozioni come rabbia e frustrazione. La tempestività nell'intervenire con una terapia logopedica è fondamentale per aiutare il bambino ad incanalarsi in comportamenti più socialmente accettati ed evoluti, ma anche per non incorrere in conseguenze a lungo termine che potrebbero portare a comportamenti oppositivi più difficili da gestire con l’avanzare dell’età.

Altre ricerche individuano l'eccessiva aggressività come derivante da una “fisiologia” più eccitata. Sono cioè bambini che manifestano più irrequietezza, una emotività più reattiva, e sono più sensibili ai fattori di stress. Questi bambini parlano in modo adeguato alla loro età, ma hanno una soglia alla frustrazione molto bassa. In pratica, “scattano per un nonnulla”.

Anche se la causa e l’effetto non hanno sempre un rapporto lineare, almeno in psicologia, qualsiasi comportamento ha un motivo per il quale viene espresso. Queste ultime ricerche parlano di “fisiologia”, e alla fine tutto è rintracciabile nel corpo. E, fisiologia non è uguale a immodificabilità. In questi casi, le variabili che dovrebbero essere considerate sono molte tra cui quelle psicologiche, economiche, relative all'ambiente sociale e familiare di vita (modelli familiari di aggressività, comportamento deviante dei pari, stili educativi non adeguati).


Le terapie più consigliate sono la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la psicoterapia familiare.

Tuttavia, il consiglio ultimo è: non aspettate. Non abbiate paura dello psicologo. Dallo psicologo non si va solo quando "le avete provate tutte" 😊

lunedì 15 gennaio 2018

Essere un esempio per i bambini

La parola essere è molto importante in ambito educativo. Essere, inteso come ciò che noi siamo, è ciò che effettivamente trasmettiamo ai bambini che educhiamo, con cui veniamo a contatto come genitori, come insegnanti, come educatori, come zii...

E' proprio ciò che siamo che assorbiranno, è l'essenza che emaniamo quando gli stiamo vicini, quando passiamo del tempo insieme, il modo con cui gli stiamo distanti. Tutto ciò che facciamo avrà una conseguenza, e sarà quella parte di noi che avrà un peso sul loro futuro modo di essere.

Fino ad una certa età i bambini non comprendono il linguaggio parlato o lo comprendono in minima parte o, ancora, lo comprendono in modo diverso da come lo comprendiamo noi adulti. Ed è questo uno dei motivi per cui è importante ESSERE oltre che FARE e dire.

"I bambini imparano da ciò che gli adulti sono, non da ciò che dicono (C. Jung)

Donna di spalle con in braccio un bimbo piccolo e al suo fianco destro una bambina

martedì 9 gennaio 2018

I sogni dei neonati

Neonata che dorme
Ebbene si, anche i neonati sognano. Ci sono degli studi che dimostrano una intensa attività onirica intorno al 5° mese di gravidanza.

Cosa sappiamo del sonno del neonato?
Sappiamo che sogna tantissimo, molto più di un adulto. Non ha bisogno di tempo per arrivare alla fase del sogno (REM), le immagini arrivano appena chiude gli occhi, e sogna per quasi la totalità del tempo in cui dorme.

Ma la domanda è: cosa sognano?
Purtroppo non ci è dato saperlo, possiamo solo fare ipotesi prendendo in considerazione alcuni elementi. C'è la concreta possibilità che essi sognino cose vissute nella vita reale miste di fantasia, così come accade agli adulti.

Inoltre, se si guardano i neonati dormire, ci si accorgerà che fanno un gran numero di smorfie e smorfiette che esprimono emozioni: sappiamo quindi se stanno sognando qualcosa che li rende
Acchiappasogni
felici, come la suzione, o tristi o disgustati o arrabbiati.
Da questo sappiamo ad esempio che i neonati, ma anche i bambini, hanno incubi più frequenti rispetto gli adulti.
Ecco perché a volte si svegliano scoppiando in un pianto disperato! Nel caso la prescrizione è: coccole a volontà, contenitive e senza ansia, in modo che il bimbo impari strategie consolatorie.

Perché si sogna?
I sogni servono agli adulti per elaborare gli accadimenti della vita quotidiana, per mettere in ordine, per fare pulizia, per trovare strategie, per ri-conoscere.

Sognare è una cosa fondamentale per la vita di tutti, per i neonati si suppone serva anche per creare una sorta di memoria fonetico-linguistica e visiva (Freud), di conseguenza importante per l'apprendimento di alcune abilità.

Far vivere al neonato una giornata tranquilla, in un ambiente che ispiri protezione ed amore lo predispone bene al sonno.
Non si sta ovviamente dicendo di evitare le normali criticità della vita quotidiana, ma si può arrecare un danno se facciamo vivere situazioni di forte rabbia ad un neonato che, per la sua giovane vita, non ha sviluppato delle sane ed efficaci difese.
Non si sta neanche dicendo che il neonato non avrà incubi nonostante la sua serenissima giornata. Per lui le percezioni sono diverse dalle nostre e l'assenza della mamma anche per pochi minuti (perché andata in bagno) può sembrargli un tempo infinito e far incubi sulla "separazione": incubi "sani" in realtà, e che lo aiutano a crescere.

In conclusione, auguro un po' più di sogni per tutti!

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